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Disegna per settecento chilometri il confine tra Russia e Cina. Una decina d’anni fa è salito agli “onori” delle cronache per una catastrofe ambientale: una fuoriuscita di benzene da un’industria petrolchimica. E in seguito l’inquinamento del fiume è continuato

Durante la breve estate tutti si godono le acque dell’Amur: famiglie in costume, pescatori solitari, qualche nuotatore che sfida le correnti avverse.
Tutto tra due nazioni di sterminata grandezza. Il fiume corre infatti per 700 chilometri segnando il confine tra Russia e Cina: di là la cittadina siberiana di Blagovescensk, di qua Heihe, centro della Manciuria. Non ci sono muri o filo spinato, solo il fiume. E storie di culture diverse che si intrecciano. Ma anche storie dell’orrore: tutti ancora ricordano gli eventi del 2005, quando un’esplosione in un impianto petrolchimico causò la fuoriuscita di cento tonnellate di benzene, un idrocarburo estremamente nocivo, direttamente nel fiume Songua, affluente dell’Amur, sempre lì, al confine tra Cina e Russia. Una catastrofe ambientale tenuta per lungo tempo nascosta dalle autorità. Negli ultimi anni le attenzioni sono aumentate, ma le aziende petrolifere presenti vicino al fiume (e non solo: anche i pescatori) hanno continuato a gettare in acqua grandi quantità di rifiuti e di plastica. Cattive abitudini che non possono più essere sopportate.

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